“I Plinii sono uomini del Rinascimento ante litteram. Veri portatori di una modernità eterna"
(Corriere della Sera, 24 novembre 2020).
Gaius Plinius Secundus, a noi più noto come Plinio il Vecchio, è una figura cruciale del processo di sviluppo culturale europeo sia come primo “storico dell’Arte”, sia come grande testimone e narratore dell’Età Classica, così come la sua Naturalis Historia non solo è la più antica ‘enciclopedia’ giunta fino a noi, ma anche una delle più significative opere della Antichità. L’influsso che Plinio il Vecchio ha saputo esercitare in epoca medioevale e rinascimentale è tanto sostanziale quanto il suo studio è stato e continua ad essere indispensabile per numerose indagini archeologiche e storiografiche.
Nato a Novum Comum, l’odierna Como, tra il 23 e il 24 d.C. trascorse i primi anni della fanciullezza sulle sponde del Lario e svolse molto probabilmente gli studi superiori a Roma.
A partire dagli anni 46-47 d.C, partecipò alla campagna contro i Cauci in qualità di Praefectus cohortis agli ordini di Gneo Domizio Corbulone in Germania Inferiore. Dal 50 al 52 fu probabilmente in Germania Superiore in qualità di Tribunus militum al servizio dell’amico Pomponio Secondo, in quegli anni governatore della Provincia e impegnato nella campagna contro i Catti. Tra il 55 e il 58, Plinio tornò in Germania Inferiore in qualità di Praefectus alae ai comandi di Pompeius Paullinus e poi di Duvius Avitus, dove avrebbe prestato servizio al fianco del futuro imperatore Tito.
Nel corso di questi anni, Plinio concluse il primo saggio della sua prolifica carriera, il De iaculatione equestri (“Come lanciare un giavellotto da cavallo”). Fra il 57 e il 58, scrisse in memoria dell’amico e comandante Pomponio Secondo De vita Pomponi Secundi e in questo periodo iniziò forse anche la stesura di Bellorum Germaniae in 20 libri, una summa di tutti i conflitti intercorsi dalle prime incursioni dei Cimbri e dei Teutoni, tra le principali fonti utilizzate da Tacito, mai stato in Germania, per la sua De origine et situ Germanorum. Terminato il servizio militare, scrisse “Studiosi libri tres”, un avviamento all’arte oratoria e, dopo l’avvento di Vespasiano, Plinio “fu occupato e assorbito vuoi dai più importanti incarichi, vuoi dai suoi rapporti con imperatori” (Plinio il Giovane). Nel corso di questi anni, proseguì la redazione della sua opera maggiore, la Naturalis Historia, presentata a Vespasiano e a Tito poco prima della sua morte nel corso della “prima grande operazione navale di protezione civile della storia” (Domenico Carro) che permise di contenere notevolmente il numero delle vittime della popolosa costa campana nel corso della spaventosa eruzione vesuviana del 79.
L’unico lavoro di Plinio il Vecchio sopravvissuto fino a noi è la Naturalis Historia, vero condensato del Sapere antico, pensato a beneficio dello sviluppo culturale ed economico della articolata società romana nel suo complesso. Dalle pagine della Naturalis Historia emerge un autore dalla personalità ricca e, come osserva Italo Calvino, “animata dall’ammirazione per tutto ciò che esiste e dal rispetto per l’infinita diversità dei fenomeni”, rivelando “uno scrittore che possiede quella che sarà la principale dote della grande prosa scientifica: rendere con nitida evidenza il ragionamento più complesso traendone un senso d’armonia e di bellezza”. Grazie alle sue descrizioni dei capolavori perduti dell’Antichità possiamo dare un nome, un volto e un autore a gran parte delle opere del passato. Attraverso Plinio, generazioni di letterati, scienziati e artisti hanno sognato, immaginato, conosciuto il loro mondo e costruito la nostra epoca: Petrarca, Boccaccio, Leonardo, Giovio, Winckelmann, Leopardi, Borges e Calvino sono solo alcuni dei suoi grandi studiosi e ammiratori, poiché Plinio fu “scienziato e umanista completo in un tempo in cui non esisteva ancora frattura tra Scienza e Lettere” (Luigi Alfonsi).